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Il Centro interdipartimentale di ricerca "Laboratorio Fausto Vicarelli"

Il Centro di ricerca è dedicato a Fausto Vicarelli, economista, docente universitario e collaboratore della Banca d’Italia.
Ne tracciamo il suo profilo con le parole di Pierluigi Ciocca:
 
«Fausto Vicarelli è stato economista di gran valore. Ce ne rendiamo conto meglio, e in maggior numero, col trascorrere degli anni. Non si riduce, si accresce, il vuoto aperto dalla sua assenza.
Egli ha dato contributi importanti alla riflessione sui problemi economici del nostro tempo. Li ha dati perché ne aveva le capacità: di intelligenza, di cultura, di applicazione seria alla ricerca. Ma la capacità non è sempre sufficiente affinché uno studioso, che riguardi la società dal punto di veduta dell’economia politica, pervenga a risultati significativi, di analisi e di proposta. Occorre anche una spinta interiore, motivante: per alimentare l’impegno nello studio e nel dibattito, orientare le scelte tematiche e di taglio, dar corpo a quella che Schumpeter chiamò “visione” pre-analitica, senza la quale ogni approfondimento, anche il più attrezzato nelle tecniche, rischia la sterilità.
Fausto Vicarelli non era certo volto alla ricerca da una spinta “accademica”. Non cercava forme, o riformulazioni, più generali o nuove per l’algoritmo impiegato o più eleganti, per data “sostanza”. La generalità può scadere nella vuotaggine; gli algoritmi sono nuovi solo per l’economista che non li conosceva; l’eleganza è questione di gusti, se non di mode. Fausto, all’origine economista matematico, maturando e studiando Keynes come in Italia e altrove pochi hanno fatto, aveva sviluppato la preferenza per l’ordinary discourse – la lingua madre – che distingue le menti chiare da chi pratica mere concoctions.
Fausto Vicarelli non era certo volto alla ricerca da una spinta ideologica. Semplicemente, non era interessato allo scontro tra intellettuali animati da una preconcetta scelta di campo. Una serenità umana e analitica superiore lo portava quasi naturalmente a muoversi su un piano più alto rispetto alla querelle di schieramento fra la triplice degli “apologeti”, dei “rivoluzionari”, dei “riformisti”, con Ricardo variamente conteso dalle tre fazioni. Come Caffè, Vicarelli non era un eclettico; solo, sapeva che l’economia politica è bella perché varia. Keynes, il vero Keynes, liberale scettico del mercato, rappresentò per lui un approdo laico.
Fausto Vicarelli era mosso da una diversa motivazione: analizzare con rigore la realtà e capirla a fondo per cambiarla in meglio, nell’interesse generale. Il nesso della teoria e dell’indagine storico-empirica con la politica economica era nella sua riflessione sempre presente, strettissimo. Interesse “generale”, non interesse “di tutti”: Vicarelli rifiutava ogni ecumenismo interclassista, ogni indistinto qualunquista. Era pienamente conscio del fatto che la politica economica sempre lede gli interessi di alcuni, i quali spesso ostacolano il perseguimento dell’interesse generale. Parte per lui irrinunciabile dell’interesse generale era la tutela dei più deboli: primario dovere di una società che voglia dirsi civile, primario dovere, per lui che lo era davvero, di un credente.
Era a questo livello, delle ragioni ideali, che nella sua straordinaria personalità si realizzava, e si conchiudeva, la sintesi tra l’uomo di scienza e l’uomo di fede. Gli apporti scientifici che ci ha lasciato sono un patrimonio prezioso: ha voluto offrirli a chiunque sia dotato di spirito critico».
 
(Pierluigi Ciocca, «Le ragioni della ricerca in Fausto Vicarelli», in L’economia al servizio dell’uomo, a cura di S. Lombardini e A. Tripoli, Bologna, il Mulino, 1994)